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giovedì 14 gennaio 2010

Pisa, "E' cistite"Invece erano contrazioni Partorisce nel bagno dell'ospedale

Accade a Pisa. la bambina di 500 grammi ora lotta per vivere. E sull'ospedale Sanat Chiara torna l'ombra della malasanità


Pisa, 12 novembre 2010 -

Jasmine Pesa meno di 500 grammi. Da venerdì scorso, quando è venuta al mondo, si trova ovviamente in un’incubatrice della clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara, dove lotta per sopravvivere. È nata prematura poco dopo la ventiduesima settimana.
La piccola è protagonista di un nuovo e clamoroso caso di presunta malasanità, che vede ancora una volta nel mirino l’ospedale pisano. In una denuncia presentata al posto di polizia del Santa Chiara, subito dopo il parto, i genitori accusano il personale della struttura sanitaria di aver scambiato lo contrazioni uterine della puerpera per una cistite. E come se non bastasse il fatto — incredibile —- che la bimba è nata praticamente nella ‘padella’ dove la donna stava espletando una necessità fisiologica.
Tutto questo accade a pochissimi giorni di distanza dalla vicenda del ventinovenne cascinese morto (molto probabilmente d’infarto) nella sua abitazione, dopo poche ore dopo essere stato dimesso dal Pronto Soccorso del Santa Chiara — dove si era recato in mattinata per aver accusato un forte dolore tra il petto e la spalla sinistra — con una prognosi inerente un problema intercostale e la prescrizione di un trattamento antidolorifico.
La mattina di giovedì scorso Emanuela Beretta, incinta da luglio, si sente male: accusa acuti e ripetuti dolori al basso ventre e all’inguine, con perdite di sangue. La donna — che nel primo pomeriggio di ieri è stata dimessa dall’ospedale — ha 28 anni, originaria di Caltanissetta, casalinga abitante a Cascina (Pisa), ha già alle spalle due distinte gravidanze che si erano interrotte dopo poche settimane con altrettanti aborti spontanei. Nel primo pomeriggio il suo convivente, il quarantaseienne Vittorio Mini, un muratore attualmente disoccupato, l’accompagna in ospedale. Dal pronto soccorso la puerpera viene subito indirizzata al reparto di Ostetricia e Ginecologia.
Dopo circa tre quarti d’ora di attesa, raccontati alla dottoressa i disturbi accusati, la donna è stata visitata e il medico ha redatto una certificazione consigliando alla signora Emanuela di tornare a casae riposarsi. «Ci è stato detto — racconta Vittorio Mini — che potevamo stare tranquilli in quanto, verosimilmente, si trattava di una semplice cistite». La poveretta ha continuato ad accusare dolori, ma ha cercato di resistere perché all’indomani mattina aveva già da tempo in programma una visita di controllo — essendo la sua una gravidanza a rischio — dal ginecologo di fiducia che la segue, il dottor Francesco Anelli nell’ambulatorio della Misericordia di Navacchio.
Appreso l’accaduto e la particolarità dei dolori accusati dalla donna, lo specialista, prima ancora di visitarla, ha subito chiamato un’ambulanza, dicendo che si trattava di contrazioni uterine. Trasportata al pronto soccorso dell’Ostetricia, la puerpera è stata sistemata nella stessa stanza dove era stata visitata il giorno precedente. Pochi minuti dopo il suo arrivo, la donna ha avuto la necessità di andare in bagno, per cui le è stata portata una ‘padella’. Aperta la porta del gabinetto, e fatto un passo, da sola, Emanuela ha partorito Jasmine. La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta sequestrando la placenta e tutta la documentazione medica.
Federico Cortesi
Fonte

7 commenti:

  1. QUANDO LA GIUSTIZIA FA UNA INGIUSTIZIA E LO STATO TI ABBANDONA COSA RESTA DELLA LEGALITA'?

    ASSURDO TRAGICO PER I FAMILIARI DI UN PAZIENTE RICOVERATO NELL'OSPEDALE DI PISA:

    CHIEDONO IL DIRITTO ALLA SALUTE E SI RITROVANO

    DENUNCIATI, INDAGATI E PROCESSATI PER ABBANDONO.

    SILENZIO SULLE RESPONSABILITA' ISITUZIONALI E SUL DANNO ERARIALE.

    I fatti risalgono al 2007 quando l'Azienda ospedaliera pisana prospettò la dimissione del paziente, che tra l'altro a causa della malattia è invalido e disabile , quindi i familiari, già usurati da un danno biologico esistenziale rilevante a causa della protratta assistenza al congiunto si opposero a termine di legge chiedendo una dimissione del paziente subordinata al trasferimento in apposita struttura sanitaria idonea. L'Aop rispose con una diffida e una serie di intimidazioni psicologiche e verbali, con ricorso alla polizia che interrogò il figlio del paziente. Venne pure attuato un tentativo di sequestro del figlio all'interno del reparto ospedaliero. I familiari presentarono denunce alla Procura per i fatti contestabili e per le lesioni successive, continuate e gravi di cui il congiunto rimase vittima dentro l'ospedale e per una serie di maltrattamenti e omissioni rilevanti. Inoltre i familiari avviarono tentativi di risoluzione della questione diffidando Aop e l'Asl5 ad intervenire per la continuità assistenziale , una volta accertata la titolarità del diritto alle cure, e promuovendo contatti verso altre strutture senza risultato. Una contesa durata due anni e mezzo di degenza in condizioni di privazione dei più elementari diritti civili per il paziente e con un danno erariale enorme a tal punto che con detta somma si poteva creare un nuova struttura sanitaria ad hoc, sollevando decine di famiglie da oneri assistenziali di non loro competenza. Il ricorso al giudice delle urgenze per tale motivo non produsse alcun esito, paradossalmente, nonostante la legislazione vigente è chiara e univoca a conferma dei livelli essenziali di assistenza per i cittadini affetti da patologie invalidanti. Dopo intervista al tg5 nel maggio del 2009, il paziente, in presenza di ulteriori e contestuali lesioni agli occhi e al capo è stato trasferito dall'Aop con un colpo di mano, contro la sua volontà e senza informare i familiari, in Sicilia e per di più in ambulanza. La magistratura ha indagato i familiari per abbandono e per reato svolto in concorso e tra poco tempo li porterà alla sbarra per giudicarli. Inutili sono state le grida di aiuto di una famiglia votata verso una condizione di “eutanasia omissiva”che si è rivolta alle istituzioni per aver un diritto primario per il proprio congiunto, e nonostante avesse seguito la legalità per ottene il diritto alla salute, ora si ritrova i propri familiari ad essere da parte lesa a imputati. Vedremo come questa assurda e disumana vicenda dai contorni tragici e dai risvolti etici ed umani discriminanti, strazianti ed incredibili andrà a finire a testimonianza di uno Stato che a volte sembra dimenticarsi delle tutele costituzionali essenziali dei propri cittadini. Infatti la questione non solo interessa questa “disgraziata famiglia” ma migliaia di nuclei familiari che offrono silenziosamente la loro vita per curare i loro congiunti, a volte con epiloghi invalidanti o definitivi, rinunciando ad una vita privata a seguito delle gravi omissioni del sistema sanitario che invece ha l'obbligo di intervenire sempre e comunque. Nel caso in questione gravare dell'onere processuale e morale una famiglia già piagata dalle inadempienze sanitarie ci pare veramente un fatto illogico, disumano e ingiustificato che indietreggia la nostra cultura civile della promozione e difesa per la vita, quando poi si vive in una ipocrisia che in realtà non muove un dito per sostenerla. Ma se la giustizia fa una ingiustizia e lo Stato ti abbandona cosa resta da fare?

    Coordinamento etico nazionale dei caregivers, Pisa

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  2. INFATTI IL TG5 HA ELIMINATO IL VIDEO :)!

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  3. Io direi che invece si è insabbiato tutto perchè ci sono troppi interessi dietro e poi Pisa è una città intoccabile sono tutti consorziati nella massoneria.W la giustizia bla bla bla e poi dicono di essere per la legalità ahahahhhahahaha buffoni.

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  4. I familiari sono stati assolti alla fine, come se non sapevano che era tutto infondato!!!!!!!!!!!!!!!!!

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  5. Dott. Matteo Pacini L’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana denuncia i parenti di un degente nel reparto di psichiatria per abbandono di incapace e violazione degli obblighi di assistenza familiare. La consegna della denuncia al figlio in visita al padre avviene dopo ripetute insistenze da parte della famiglia dell’uomo, siciliano residente a Pisa con famiglia tutta residente in Sicilia. L’uomo è affetto da patologia psichiatrica, e la famiglia dopo il ricovero aveva però chiesto che fosse la ASL a trovare una struttura convenzionata idonea e là disporne il trasferimento. Anziché risolvere questo problema, comune a molte famiglie, l’Ospedale dichiara che l’uomo ha una patologia psichica che tante famiglie gestiscono correttamente” e conclude in maniera infelice “soprattutto se ne hanno i mezzi”. Consideriamo questo atteggiamento offensivo nei confronti della dignità di una famiglia, a cui si rimprovera di non avere mezzi, e offensivo per l’immagine di un Ospedale, a cui le persone si rivolgono per risolvere problemi ed essere altrimenti indirizzati. Poco importa ai malati se “non è certo l’ospedale che deve farsene carico” perché tratta solo casi a breve termine, la ASL deve organizzarsi per liberare il letto dell’Ospedale e trasferire i malati da tenere a lungo in strutture idonee. Il vero problema è che queste strutture sono poche, in parte private, e comunque a disponibilità limitata rispetto alle esigenze della popolazione. Chiedere ad una famiglia di gestire una patologia psichica come se fosse una malattia qualsiasi è semplicemente assurdo. Ricordiamo che dopo l’abolizione delle Istituzioni per lungodegenenti (i vecchi manicomi), lo Stato non ha più organizzato sistemi di degenza a lungo termine per i malati cronici, riversando il peso sulle famiglie e creando così il mercato delle malattie croniche gravi, tra strutture private, badanti, cooperative assistenziali e via dicendo. La caparbietà della famiglia che chiedeva una soluzione a chi doveva trovarla, ben comprendendo che il padre non poteva restare in un reparto Ospedaliero, è stata affrontata in maniera irresponsabile pretendendo che per legge siano i familiari a divenire sanitari di un malato psichico, rinunciando a impegni, lavoro e quant’altro. Questo “stile” nelle pubbliche relazioni non è nuovo, sintomo dell’attaccamento dei responsabili al sistema che li nutre piuttosto che alle categorie che dovrebbero rappresentare.
    Matteo Pacini – Movimento Sociale Fiamma Tricolore
    Dott. Matteo Pacini
    Medico chirurgo
    Specialista in psichiatria – Università di Pisa

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  6. UN VERO CASO DI EUTANASIA OMISSIVA.
    Immaginate di trovarvi dentro un luogo chiuso, privati di tutto quello che la vita normalmente concede ad ogni essere vivente, un reparto dove gli ammalati, cosi delicati e indifesi, sono costretti a passare la giornata tra l'asetticità delle quattro mura chiuse, privi di ogni stimolo o contatto umano, patendo la pressione della emarginazione sociale, della indifferenza o ipocrisia culturale, in una struttura di tipo carcerario, che funge da acceleratore degli elementi di degrado, dove prevalgono “regole” disumane incompatibili con una condizione di cura che richiede in primis tanto calore umano, affetto e sensibilità. “Le bestie sono trattate meglio!”E’ questa l'espressione pronunciata da uno dei figli nel corso di una visita al padre, quando lo aveva trovato a mangiare un pezzo di cioccolata e un infermiere ebbe a contestare energicamente che non si poteva per ordini ricevuti. Era stata una signora gentile ad aver dato l'alimento al paziente..... , questo è l'assurdo tragico che vede il paziente C.C. ad essere privato immotivatamente dei più elementari diritti, con un braccio immobilizzato dopo il trauma enigmamente riportato dentro al reparto, non gli è stata eseguita alcuna cura né consentito di prendere una boccata d'aria, in assenza di concreti motivi . Spesso il paziente chiede ai familiari da bere e il divieto diventa una vero e proprio abuso, una sofferenza ingiusta perché clinicamente infondata. Cosi tristemente i familiari del paziente si esprimono con gli occhi rossi, nel vivere una angoscia struggente che li sta provando duramente....”dobbiamo sempre controllare le emozioni anche se ci insultano, ci provocano...” .A volte pensiamo che il nostro grado di civiltà ci mette al riparo da questi eventi, ma quando ci sei dentro ti accorgi che questi casi esistono davvero, e in ambito psichiatrico fa più rabbia perché ci si aspetterebbe una maggiore sensibilità ….” Certo sono lontani i tempi in cui il prof. Pietro Sarteschi neuropsichiatra, già direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa dagli anni '60, portava di tasca propria, cioccolata e bevande ai pazienti del suo reparto, (e non solo...) nel sottolinearne l'aspetto terapeutico di soddisfazione per il malato; oggi l'esempio di amore e scienza viene meno, la psichiatria sembra arretrare nel tempo per abbracciare i precetti della precedente legge del 1904 che relegava il medico al ruolo di psichiatra-secondino tutto dedito alla sola custodia del paziente, con una serie di esclusioni che accentuano la sofferenza dentro la malattia. Ma qui si parla anche di negazione al diritto alle cure! Al paziente ricoverato presso la II° clinica psichiatrica dell'ospedale S. Chiara di Pisa viene negato il diritto ad ottenere un idoneo luogo di cura, colpevolizzando i familiari, con una bella denuncia di abbandono e violazione degli obblighi familiari, alla faccia delle leggi che disciplinano i livelli essenziali di assistenza di competenza dell'Asl! Sarebbe stato più lecito attivare le dimissioni concordandole con l'Asl5 e invece l'incognita rimane aperta, in un perché senza risposta..... Due anni di negazioni, di ricovero duro, due anni di sofferenze accentuate da privazione immotivata della libertà, divieto di passeggiare fuori dal reparto, divieto ad personam a ricevere perfino una bevanda, un frutto…vissuti dal paziente dentro un pigiama di carta, nonostante giornalmente il figlio si rechi in visita con gli indumenti di ricambio… Patimenti per lesioni fisiche, smarrimento di indumenti e oggetti personali (inclusi occhiali e dentiera), inadempienze, dinieghi di accesso ai dati sanitari, tra pressioni psicologiche e tentativi di dimissione attuati con la forza, che hanno procurato anche gravi conseguenze alla moglie, anch’essa ricoverata per malessere, dopo che è stata aggredita verbalmente davanti al marito, gettato fuori con la forza dal reparto per dimetterlo, davanti ai presenti, in uno scenario difficile da sopportare. segue....

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  7. Dopo lunghi anni di rinunce e sofferenze, abbandonati totalmente dagli organi competenti, e non solo, questa famiglia consumata per anni nelle usuranti cure a casa con danni biologici ed esistenziali gravi, è circondata da atteggiamenti pesanti che mettono a grave rischio lo stato psicofisico e la stessa sopravvivenza. “Questa è una storia di eutanasia omissiva! Al paziente sono negati diritti primari, cure, libertà, anche di festeggiare il suo compleanno, e ogni giorno che passa cosi, è un atto di grande responsabilità”. La vicenda oramai al collasso, nella crudele indifferenza… fa pensare alle oscurità di tempi consegnati alla storia, che ahimè si ripete, con acredine e cinismo che hanno una comune matrice di omissione, in sprezzo a regole, etica, deontologia, e sopratutto senza nessuna umanità. Questi atteggiamenti snaturano la funzione medica e trasformano la cura in una punizione, e la legalità mancata crolla dentro una speranza disperata, mentre l'ipocrisia dei convegni e dei dibattiti nasconde le responsabilità come punto di svolta concreto nel soccorso al disagio mentale. Una famiglia decide di uscire allo scoperto e chiedere i diritti di cura e si fa di tutto per farla tacere anche ricorrendo alla legge, legge che dovrebbe tutelare i precetti che garantiscono il diritto alla salute e alla vita o lo strapotere della clinica e degli organi sanitari? Dopo un appello lanciato dal TG5 per chiedere aiuto alle istituzioni, la risposta non si è fatta attendere: il paziente dopo aver riportato misteriosamente per l’ennesima volta traumi fisici e quindi peggioramento delle condizioni generali, viene improvvisamente trasferito in Sicilia, senza avvertire i congiunti, presenti a Pisa sin dal primo giorno di ricovero; 1200 km in ambulanza per allontanare un caso scomodo che invece di ricevere cure urgenti e soluzioni tutelate, quindi possibili e attuabili, ribalta tutto ai familiari abbandonandoli a se stessi, vanificando tutti i sacrifici e gli sforzi intrapresi, per dare da tempo al congiunto,la migliore soluzione di cura in un idonea struttura riabilitativa. Comitato etico caregivers.
    25 maggio 2009 caregivers@mail.org

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