FIRMA LA PETIZIONE... BASTA MORIRE PER MALASANITA'

domenica 14 novembre 2010

Giovanni Nucera: dichiarazioni invere sulle testate giornalistiche

Perugia lì 13 novembre 2010

Alla cortese attenzione del Direttore dell’ Ansa (Calabria)

La scrivente Associazione “I Nostri Angeli”, le chiede IMMEDIATA RETTIFICA secondo quanto previsto dall'art. 8 della legge L. 47/48 sulla stampa e successive modificazioni,in riferimento all'articolo

“ Sanità: Nucera basta col primato della malasanità” del 9/11/2010 presente anche on-line da diverse testate giornalistiche, poiche' nello stesso vi è pubblicazione e diffusione di notizie false.

Vi chiediamo di pubblicare la seguente rettifica del contenuto virgolettato della presente lettera, dandole massimo risalto, oscurando l’articolo de quo affinché venga limitato il danno sociale e di immagine arrecato.

<< L’Associazione I Nostri Angeli, apprende con disappunto che l’on.Nucera Giovanni, ha usato ingannevolmente ed arbitrariamente il nome dell’Associazione, accostandolo ad un filone politico e dando un ingannevole messaggio di condivisione della proposta legge a “sostegno vittime sanità”

Nessun rappresentante dell’Associazione I Nostri Angeli ha incontrato l’On.Nucera nei giorni scorsi ed è invero che ha tratto dall’associazione forti motivazioni , tant’é che la proposta legge era già uscita a mezzo stampa il 23/08/2010 tramite fareambiente che la stessa fù presentata dallo stesso Nucera a febbraio dello scorso anno, ed in tale data l’Associazione non era ancora nata , tant’è che fù costituita con atto notarile il 23/09/2010, ed è ancor più impensabile che una proposta legge di tale importanza possa essere elaborata in poco più di 20 giorni.

Pertanto l’Associazione I Nostri Angeli a mezzo di questa rettifica tiene a precisare che:

a) L’Associazione è apartitica

b) Non condivide e ne approva tale proposta di legge così come proposta

c) Diffida chiunque usi l’Associazione per fini propri

L’Associazione I Nostri Angeli si riserva di adire per le vie legali del caso.

Firmato dal Presidente : Alfonso Scutellà - Vice Presidente : Teresa Lacentra – Consiglieri : Barbara Maragna;Silvana Scagliola; Fortunata Romagnosi>>

giovedì 1 luglio 2010

Primario condannato per 7 morti, arrivata prescrizione

Primario condannato per 7 morti, arrivata prescrizione

Era stato condannato a cinque anni e quattro mesi

29 giugno, 18:00 MILANO, 29 GIU - E' stata cancellata dalla prescrizione la condanna inflitta al medico Angelo Rumi, per la morte di sette pazienti.

In primo grado, il professor Rumi, primario del reparto di chirurgia dell'ospedale Sant'Anna di Como, era stato condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione, ma per effetto del tempo trascorso tra un grado e l'altro del giudizio, anche la rappresentante della pubblica accusa, Nunzia Gatto, ha dovuto prendere atto della situazione e chiedere l'applicazione della prescrizione, ufficializzata dalla Corte d'Appello con la cancellazione della condanna emessa dal Tribunale.

Fonte

lunedì 21 giugno 2010

Cinque casi di malasanità per Zamboni



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Il mago del bisturi non può operare

Cinque casi di malasanità per Zamboni

di Fabio Manca


















Sono cinque i casi di presunta malasanità che coinvolgono Fausto Zamboni, mago dei trapianti di fegato e primario del reparto di Chirurgia generale del Brotzu. Lo si evince dalla richiesta di sospensione dall’attività chirurgica ordinaria richiesta dal pm che conduce l’inchiesta, Maria Virginia Boi, e accolta mercoledì dal giudice del riesame Massimo Poddighe.
La magistratura ha esaminato una serie di casi clinici a partire dal 2002 ed ha concluso che Zamboni è in grado di effettuare interventi ad alta specializzazione come i trapianti – sui quali vanta una delle percentuali di sopravvivenza più alte d’Italia – ma non ha le capacità di eseguire interventi semplici né di gestire il reparto. Per il pm il chirurgo bresciano sarebbe addirittura “pericoloso socialmente”.
Ma nonostante le gravi accuse, tutte da provare, molti si sono schierati dalla sua parte. I 150 trapiantati di fegato, che per lunedì hanno annunciato una manifestazione di solidarietà al Brotzu, parte dei colleghi (“è un uomo che salva le vite, non un chirurgo che semina morte”), la stessa direzione del San Michele, che “nel rispettare l’operato della Magistratura e in attesa di leggere le motivazioni della sentenza del Tribunale del Riesame di Cagliari, conferma la sua piena e totale fiducia al dottor Fausto Zamboni”.
Dure le accuse di Franco Meloni, consigliere regionale del Pdl, l’uomo che da direttore generale del Brotzu, nel 2003 portò Zamboni a Cagliari per far decollare l’attività dei trapianti: “La verità è che qui si sono saldati interessi che chi opera nella sanità conosce benissimo. Zamboni è un grande chirurgo e dà fastidio, increspa le acque stagnanti del mare della chirurgia cagliaritana che da decenni governa il sistema. E’ venuto fuori senza chiedere il permesso ai vecchi baroni e questo non poteva essere accettato”.

domenica 2 maggio 2010

Sit-in contro la Malasanità e la Malagiustizia












Il 6 Maggio, il nostro piccolo Paolo avrebbe compiuto 1 anno... ma gli Orchi dal camice "bianco" gli hanno stroncato la vita a soli 3 mesi!!!
Nella ricorrenza del suo compleanno terremo un sit-in davanti alla Procura di Pescara, parteciperanno le vittime ed i testimoni degli ORRORI MEDICI, ma a presenziare dovrebbero essere soprattutto le persone che non hanno vissuto questo orrore; poichè a noi hanno già ammazzato.... ma domani potrebbe accadere a voi.
Pertanto affinché non vi siano più vittime innocenti
TUTTI INSIEME PER DIRE BASTA!!!
6 MAGGIO 2010 ORE 11:00
PROCURA DI PESCARA
VIA ANTONIO LO FEUDO 1



per chi ha un account su facebook :

Aiutateci a diffondere l'evento, condividetelo sulle vostre bacheche e se potete usate la foto come immagine del profilo.... Insieme riusciremo a sanare la sanità e a difendere il sacrosanto diritto alla vita...

TUTTI INSIEME PER DIRE BASTA!!!!
6 MAGGIO 2010 ORE 11:00
PROCURA DELLA REPUBBLICA di PESCARA
VIA ANTONIO LO FEUDO 1
http://www.facebook.com/photo.php?pid=814384&id=1648218724&ref=mf
Grazie a tutti della collaborazione




domenica 21 marzo 2010

MEDICO ABUSA SESSUALMENTE DEI PICCOLI PAZIENTI


Abusi sessuali su pazienti, fermato
Napoli, in manette un medico di 45 anni

Un medico dell'ospedale "Santa Maria delle Grazie" di Pozzuoli (Napoli) è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale su giovani pazienti, dei quali avrebbe abusato durante l'assistenza di pronto soccorso. Il 45enne è stato bloccato dalla polizia, che ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare del pm della Procura di Napoli. Le indagini furono avviate nell'ottobre 2008. Il medico, se i fatti saranno confermati, verrà sospeso dalla Asl.
(Infophoto)

La polizia e i carabinieri di Licola hanno accertato che il medico durante il proprio turno di servizio in ospedale aveva abusato di pazienti di sesso maschile nel box del pronto soccorso dopo essere rimasto solo con loro grazie alla sua qualifica.

"E' con sdegno e amarezza - si apprende da una nota dell'asl Napoli 2 Nord - che leggiamo le notizie di stampa in merito all'arresto di un medico a causa di reati sessuali che si sarebbero consumati in una nostra struttura sanitaria. Procederemo con il massimo rigore sulla base delle comunicazioni provenienti dall'autorità giudiziaria, adottando tutti i provvedimenti del caso e - se confermato quanto emerso in queste ore - ci costituiremo parte civile per tutelare l'Azienda e i suoi dipendenti".

"Le notizie di reato contestate - sottolinea il commissario straordinario Franco Nardone - appaiono essere ancora più gravi in considerazione dell'ambiente in cui sarebbero avvenuti i fatti. Non possiamo permettere che venga svalutata la fiducia dei cittadini nei confronti del personale sanitario".
Fonte

martedì 16 marzo 2010

Giovanni Consiglio, morì per diagnosi errata


RAVENNA - Un milione di euro: è questo il risarcimento chiesto all'Ausl dall'avvocato Rocco Guarino che tutela i familiari di Giovanni Consiglio, l'imprenditore edile di 35enne scomparso la sera del 20 aprile del 2008 all'ospedale "Santa Maria delle Croci" di Ravenna per una dissecazione dell'aorta. Alla base della richiesta sta un rilievo di errata diagnosi della malattia che colpì la vittima. La citazione civile segue la richiesta d'archiviazione del pm Stefano Stargiotti.



Consiglio venne visitato tre volte dai cinque medici attualmente indagati. La prima diagnosi parlava di gastroenterite, ma le condizioni di Consiglio peggiorarono nel corso della mattinata, tanto che la moglie decise di accompagnarlo in ospedale. Secondo quanto riportato nell'esposto presentato dalla coniuge, il 35enne venne sottoposto a diversi esami tra cui anche quello elettrocardiografico e pressorio. Ma la visita non evidenziò nulla di allarmante.
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Bimbo dimesso dall’ospedale Il giorno dopo perde la vita


Bimbo dimesso dall’ospedale Il giorno dopo perde la vita


Melzo (Milano)Un bimbo di 20 mesi è morto il 27 di febbraio scorso, ma la notizia è trapelata ieri, all’ospedale di Melzo, per cause ancora in via di accertamento. Ma fatto sta che il pm di turno della procura a Milano, dopo gli accertamenti svolti dai carabinieri della compagnia di Cassano d’Adda, ha disposto il sequestro della salma e la successiva autopsia. Per cercare di accertare i reali motivi del decesso. Ma ecco la sequenza della tragedia. Il neonato viene portato dai genitori all’accettazione del Pronto soccorso la sera di venerdì 26 per febbre e vomito e diarrea. Lo si visita. Buone condizioni generali è il verdetto. Viene riportato a casa. La mattina dopo, quando rientrerà nel nosocomio tra le braccia di padre e madre disperati, per lui non ci sarà già più niente da fare.
A nulla varranno le manovre di rianimazione, durate più di mezz’ora. E si tratta della stessa azienda ospedaliera, quella di Melegnano, in cui dopo un’operazione di appendicite lo scorso mese di gennaio una 16enne è entrata in stato vegetativo. Condizione in cui si trova ancora attualmente. Intanto, il direttore sanitario del presidio di Melzo Carmelo Lopez e il direttore della Pediatria Amilcare Rottoli vogliono fornire la loro ricostruzione dei fatti: «Il piccolo, giunto in pronto soccorso pediatrico nella serata del 26, è stato valutato per vomito, diarrea e febbre da due specialisti succedutisi nel turno in quelle ore. Alla visita, presentava buone condizioni generali, risultava vigile e reattivo, senza segni neuromeningei. Sono stati effettuati gli esami di laboratorio di routine riscontrando valori nella norma. Dopo il periodo di osservazione di qualche ora, viste le buone condizioni del bambino e vista la collaborazione nell’assunzione di sostanze idratanti, si decideva in accordo con i genitori per le dimissioni con i consigli terapeutici del caso. Nelle prime ore del mattino del 27 il piccolo veniva riportato dai genitori al pronto soccorso in stato di incoscienza, cute fredda, assenza di battito cardiaco e di respiro. Sono state comunque subito avviate le manovre di rianimazione che hanno evidenziato la presenza di materiale gastrico. I genitori hanno segnalato che il bambino aveva presentato conati di vomito durante il sonno. La rianimazione non è valsa a salvarlo». Morte per malore? Farmaci prescritti che il bimbo non tollerava? Errore medico? Su questo vogliono risposte inquirenti e genitori.
Fonte

NEONATO MORTO.. INDAGATI NOVE MEDICI

Neonato morto in reparto Nove medici indagati

IL CASO. Sono in tutto dieci i sanitari (c'è anche un'ostetrica) sotto inchiesta per l'ipotesi di omicidio colposo
La mamma si presenta al pronto soccorso con una situazione critica ed è operata. Il bimbo era esanime fin quasi da subito
  • 27/01/2009
Zoom Foto

Un neonato è seguito da un sanitario del San Bortolo

Quando la mamma di Rahman si presenta al pronto soccorso domenica 18 gennaio, perché le pare di non sentirlo più nel pancione, sono le 18.20. Tre giorni prima le avevano fatto l'ecografia e tutto era in ordine. Il medico del San Bortolo misura il battito fetale e il riscontro è drammatico: 50 pulsazioni al secondo, quando la normalità dovrebbe essere compresa tra 100 e 140. Viene subito avvertita l'ostetricia ed è approntata la sala per eseguire il taglio cesareo.
Nell'arco di venti minuti l'intervento è eseguito e Rahman, figlio di una coppia di bangaldesi che vive in città in via dei Mille, nasce. Le sue condizioni, però, sono tragiche. Il cosiddetto indice di Apgar, che misura il benessere del neonato alla nascita, è inferiore a "2" al primo minuto. Il bimbo è trasferito in neonatologia e vive per due giorni solo grazie al respiratore. Le funzioni vitali sono sempre rimaste al minimo.
DIECI GLI INDAGATI. Il padre Hassan Mahmoud di 36 anni sconvolto dall'epilogo presenta un esposto alla magistratura per capire che cos'è successo e il sostituto procuratore Giorgio Falcone apre un'inchiesta. A sconvolgere l'immigrato, che si è rivolto all'avv. Paolo Mele junior per la tutela, è la circostanza che giovedì 15 gennaio la moglie si era sottoposta a un'ecografia e il tracciato era in apparenza regolare.
La gravidanza giunta ormai alla fase terminale pareva senza problemi. Poi il tracollo finale. In seguito all'esposto del genitore il magistrato ha deciso di mettere sotto inchiesta tutti e dieci i sanitari che si sono occupati della purpera e del bimbo a partire dal 15 gennaio. L'ipotesi è l'omicidio colposo. Si tratta di tre ginecologi, sei pediatri neonatologi e un'ostetrica. Pertanto, ieri il magistrato ha firmato gli avvisi di garanzia nei confronti del ginecologo Pietro Indiati, esterno all'ospedale e seguiva la madre, difeso dall'avv. Alessandra De Pretto; quindi i colleghi Paola Pozzo, che ha eseguito il cesareo e Michela Marchesini, assistita dall'avv. Fernando Cogolato. Indagati anche l'ostetrica Roberta Sagazio, presente al momento del parto e i neonatologi Cristina Panizzolo, Rosanna Golin, Luca Vecchiato, Alessandra Crison, Virginia Carlini e Silvia Nicolussi, tutti difesi dall'avv. Pierluigi Vinci.
AUTOPSIA. La strategia investigativa del pm Falcone è quella di analizzare la posizione dei singoli medici che hanno avuto a che fare con la purpera e consentire loro di nominare propri consulenti medici questo pomeriggio da affiancare alla prof. Zaglia dell'Università di Verona che sarà incaricata di eseguire l'autopsia.
Come si ripete in queste occasioni, l'informazione di garanzia ha proprio il valore di garantire le persone sotto inchiesta di fronte a un esame che se compiuto senza le garanzie di legge, cioè senza indagarli, potrebbe coinvolgerli senza un'adeguata protezione legale in un'eventuale successiva fase processuale.
REPARTI. I proff. Sposetti, primario di ostetricia-ginecologia, e Colleselli di pediatria-neonatologia, sono tranquilli sull'operato coscienzioso dei loro medici. Se le indagini servono per fare luce sulle vicende portate all'attenzione della magistratura, nella tragedia di Rahman i sanitari sostengono che l'operato dei sanitari è stato professionale.
Nulla è stato sottovalutato e quando la puerpera è giunta all'ospedale la situazione era compromessa. L'autopsia, comunque, servirà a rispondere alla classica domanda sulle cause e i mezzi del decesso per comprendere se qualche medico ha sbagliato.
Ivano Tolettini

Ivano Tolettini


FONTE

Morte sospetta 11 medici indagati a Barletta


Morte sospetta 11 medici indagati a Barletta



TRANI - Nuovo presunto caso di malasanità all’ospedale “Monsignor Di Miccoli” di Barletta. Questa volta a far muovere i passi della Procura della Repubblica di Trani è la denuncia per la morte sospetta di Luigi Giovanni Altamura, 57enne di San Ferdinando di Puglia deceduto nel nosocomio barlettano sabato 27 febbraio a pochi minuti dalle dimissioni.

AVVISI DI GARANZIA -In queste ore gli agenti di polizia giudiziaria stanno notificando undici avvisi di garanzia con l’accusa di omicidio colposo nei confronti dei sanitari che hanno seguito l’iter clinico dell’uomo, morto improvvisamente mentre la moglie lo stava andando a riprendere dall’ospedale “Di Miccoli” di Barletta.

Secondo le prime ricostruzioni compiute dai Carabinieri della compagnia di Barletta, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Trani Fabio Buquicchio, il 57enne si era ricoverato al “Di Miccoli” lunedì 22 febbraio su consiglio del medico curante per problemi presumibilmente derivanti da uno stato influenzale. All’ospedale barlettano, Luigi Altamura giunse per una broncopolmonite. Le cure dei sanitari si protrassero per il resto della settimana. Le condizioni dell’uomo sarebbero migliorate tanto da indurre alle dimissioni.

Ed infatti Altamura la mattina di sabato scorso informò telefonicamente la moglie dell’imminente uscita dall’ospedale, invitandola, pertanto, a recarsi a Barletta per riaccompagnarlo a casa. Ma, poco dopo, giunta al “Di Miccoli” la donna trovò il marito morto.

LA DENUNCIA - Dunque, un decesso inatteso e perciò avvolto dal mistero. Immediata la denuncia ai Carabinieri sporta dalla donna che poi ha provveduto a nominare anche un avvocato. Conseguentemente all’esposto, il magistrato di turno ha disposto il sequestro della salma in previsione dell’autopsia che sarà eseguita martedì dal medico legale Cristoforo Pomara, dell’Università degli Studi di Foggia.

INDAGINE INTERNA - Quale atto dovuto il pubblico ministero Fabio Buquicchio ha disposto l’acquisizione della cartella clinica e la notifica degli avvisi di garanzia ai sanitari che hanno avuto in cura Luigi Altamura. Questo al fine di consentirgli di nominare propri consulenti di parte in previsione dell’esame aut optico. Sarà, dunque, la magistratura a far luce sulle cause della morte e su eventuali responsabilità dei sanitari barlettani. E, come prassi vuole, anche in questo caso, parallelamente all’inchiesta giudiziaria la direzione sanitaria potrebbe aprire un’inda gine interna amministrativa.
di ANTONELLO NORSCIA

sabato 13 marzo 2010

Antonio Cantiello, 27 anni,deceduto per un intervento al ginocchio

 Antonio CantielloBENEVENTO. Antonio Cantiello, 27 anni, di Orta di Atella, è deceduto la scorsa notte all’ospedale “Fatebenefratelli” di Benevento, dove due giorni fa era stato sottoposto ad intervento chirurgico al ginocchio per una lesione ai legamenti.


Di professione parrucchiere, Cantiello coltivava l’hobby del calcio. Sul caso ha aperto un fascicolo la Procura di Benevento che, su disposizione del sostituto procuratore Maria Aversano, ha disposto l’autopsia ed inviato gli agenti della Squadra mobile a sequestrare lacartella clinica del 27enne.

La moglie, Daniela Mazzariello, di 32 anni, ha nel frattempo nominato suoi legali Federico Paolucci edEnnio De Iapinis che hanno provveduto a nominare un proprio medico legale ad assistere all'autopsia che sarà effettuata dalla dottoressa Monica Fonzo, disposta dalla magistratura. "Ci era stato detto - dicono i familiari - che era un intervento banale a cui Antonio aveva deciso di sottoporsi ad un anno e mezzo dall'infortunio che si era procurato in seguito ad una caduta da un ciclomotore. Ieri mattina doveva essere dimesso ma invece nel cuore della notte siamo stati svegliati dalla triste notizia"


fonte 18-2-2010

RICCARDINO TRE MESI



LA DONNA MORTA DI PARTO A MONTECCHIO

Riccardino non ce l'ha fatta
una vita lunga tre mesi,Il piccolo Riccardo D'Angelo non ce l'ha fatta. A tre mesi dalla nascita, che il 15 dicembre costò la vita alla sua mamma, la 38enne di San Polo Cristina Campari, il neonato si è spento giovedì per arresto cardiaco all'ospedale di Parma. Si chiude nel modo più tragico una vicenda che ha portato la procura di Reggio ad aprire un'inchiesta





Il piccolo Riccardo D'Angelo non ce l'ha fatta. A tre mesi dalla nascita, che il 15 dicembre costò la vita alla sua mamma, la 38enne Cristina Campari, il neonato si è spento giovedì per arresto cardiaco all'ospedale di Parma.
Si chiude così, nel modo più tragico, una vicenda che ha provocato profondo dolore tra i familiari e gli amici della donna e che ha portato la procura di Reggio ad aprire un'inchiesta per fare piena luce su ciò che accadde la sera del 15 dicembre in una sala operatoria dell'ospedale Franchini di Montecchio, dove la donna era entrata per dare alla luce il suo secondo figlio, Riccardo.

Ma il piccolo accusò subito problemi respiratori e la madre, poco dopo il parto, morì a causa di un'emorragia. Trasferito d'urgenza, la sera stessa, all'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio, nei giorni successivi il piccolo Riccardo D'Angelo venne trasportato all'ospedale Maggiore di Parma dove, nonostante le cure amorevoli dei medici, giovedì ha cessato di vivere. Lo hanno assistito amorevolmente il papà Antonio, i nonni materni Combes Campari e Isetta Zamboni, lo zio Roberto e la sorellina Jessica, ai quali i medici non avevano però mai lasciato speranze.

«Gli avevano dato tra i quattro e i sette mesi di vita, se così si poteva chiamare _ rivela il nonno Combes _ Guardarlo in quella stanza di ospedale, così piccolo e pieno di tubi, era una tragedia. Un'immagine che aggiungeva sofferenza a quella che, dopo la morte di mia figlia, non riusciamo a smettere di provare. Ora ha finito di soffrire e potrà tornare accanto alla sua mamma, nel loculo del cimitero di San Polo che avevamo già preso per lui dopo la morte di mia figlia Cristina, ma i funerali non sono ancora fissati».

Il tempo non ha certo mitigato la rabbia per la perdita della figlia e, ora, per quella del nipotino: «Vogliamo sapere la verità, oggi più che mai _ aggiunge Combes Campari, la cui famiglia si è affidata all'avvocato Noris Bucchi _ Non credo che possa essere stata una tragica fatalità anche perché, di solito, anche di fronte a complicazioni, o la madre o il bambino vengono salvati. In questo caso, invece, abbiamo perso entrambi. Mio genero Antonio, che era in sala parto, mi raccontava di come, dopo il parto, tutti si siano preoccupati del bambino, che faceva fatica a respirare, mentre mia figlia è rimasta sola, nonostante dicesse che stava male. Se qualcuno ha sbagliato, vogliamo che sia fatta giustizia».
Giustizia che non potrà comunque restituirgli l'amata figlia. «La nostra vita non sarà mai più la stessa _ conclude Campari _ Ci sono giorni drammatici e giorni un po' meno brutti, ma a me e mia moglie viene sempre in mente che Cristina (e ora anche Riccardo) non c'è più e il modo assurdo in cui, in quello che doveva essere un giorno felice, è morta, senza un perché».

Per la morte della donna - e per le lesioni gravi riportate dal bambino, che ora è morto - è stata subito aperta un'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Valentina Salvi, che è ancora in attesa dell'esito dell'autopsia eseguita dal medico legale Antonio Osculati, dell'Università di Varese, un perito che si è occupato anche del caso di Cogne. Allo stesso perito, lunedì pomeriggio alle 15, verrà conferito l'incarico per eseguire l'autopsia anche sul neonato.

Dopo il decesso di Riccardo, cambierà anche l'ipotesi di reato per le cinque persone finite sul registro degli indagati: si tratta di Lorenzo Spreafico, primario del reparto di ginecologia del Franchini, di due ostetriche e due ginecologi (un uomo e una donna).
Inizialmente indagati per omicidio colposo, per la morte della donna, e lesioni colpose gravi (riferite alle condizioni del bambino), dopo il decesso del piccolo Riccardo l'ipotesi di reato potrebbe essere trasformata in omicidio colposo plurimo.

martedì 16 febbraio 2010

Campania/ Truffa allo Stato, sospesi medici e farmacista

Napoli, 16 feb. (Apcom) - Tre medici e un farmacista sono stati sospesi dalla professione dai carabinieri del Nas di Napoli. Le quattro misure interdittive sono state eseguite perché gli indagati sono ritenuti appartenenti a un'organizzazione criminale dedita a una serie di truffe ai danni del servizio sanitario nazionale. Le indagini hanno permesso di accertare che i medici di famiglia, utilizzando i propri ricettari, con la connivenza di una farmacia compiacente, prescrivevano a ignari assistiti specialità medicinali ad alto costo che venivano successivamente richieste in pagamento all'Asl competente. Il danno accertato della truffa è stato quantificato in circa 50mila euro.
Fonte

Sara,16 anni, è condannata ad una vita vegetativa dopo un appendicite

Milano. 16enne operata di appendicite entra in coma, avviata inchiesta

16 febbraio 2010

Sara, una ragazza pavese di 16 anni è ricoverata in coma all'ospedale San Gerardo di Monza dopo essere stata operata di appendicite all'ospedale di Melegnano (Milano). La giovane si è svegliata dall'operazione, ma non respirava bene.
Nel giro di ventiquattro ore la situazione è peggiorata. La giovane ora si trova all'ospedale San Gerardo. Secondo i medici, ogni tanto apre gli occhi ma non si tratta di movimenti volontari. La famiglia è disperata e si è già affidata a un legale per cercare di far valere le proprie ragioni: Sara si trova infatti condannata a restare in "stato vegetativo" e per questa ragione la famiglia ha presentato un esposto in Procura della Repubblica a Lodi.Secondo il padre tutto è cominciato il 10 gennaio. Inizialmente, viene accompagnata dai genitori all’ospedale di Vizzolo con la diagnosi di un'infezione alle vie urinarie. Ma quando la ragazza è arrivata al Predabissi, i medici decisero per l'operazione quasi immediata di appendicectomia."La ragazza vomitava e si agitava. Ma nessuno è intervenuto", dicono i familiari. Finché Sara ha una crisi respiratoria e il cuore va in arresto. La giovane finisce in rianimazione ma la situazione precipita talmente tanto che da Vizzolo si chiede l’intervento dell’équipe di rianimatori del San Gerardo di Monza. Giunti a Vizzolo, gli esperti si attivano con la rianimazione extracorporea: il cuore ce la farà a riprendere. Ma il cervello ha subito un danno irreversibile.La ragazza viene nuovamente trasferita da Vizzolo a Monza. Due giorni fa, infine, il verdetto dei neurochirurghi del Neurologico Besta di Milano, chiamati per un consulto: Sara è condannata ad una vita vegetativa. Un ritorno allo stato di coscienza è possibile solo con un miracolo."
fonte

venerdì 12 febbraio 2010

I Baroni di Perugia: ecco i compensi


Paperoni. Quasi tutti. Rettore in testa. Indietro, molto indietro, i rappresentanti dell'area tecnica. Ma il dato è che l'università di Perugia ha deciso di ottemperare alla "direttiva Brunetta" e di lanciare l'operazione trasparenza. Ossia mettere in rete tutti i compensi (universitari) dei cosiddetti "baroni". E non solo.
Indennità spesso a sei cifre. In questa prima tranche pubblichiamo tutti i "capi" degli organi politico-amministrativi. In molti casi, figure come rettore, pro rettori, presidi e altri maggiorenti dell'ateneo, figurano in più settori (senato accademico, consiglio di amministrazione etc.). Verranno ripetuti una sola volta (indicando la qualifica gerarchicamente più rilevante). La retribuzione, che assomma tutte le varie voci dei compensi erogati - dalla sola università - è su base annua ed è lorda. Ecco i vertici: Francesco Bistoni (rettore) 213.659.89 euro lordi; Antonio Pieretti (prorettore) non pervenuto; Pietro Burrascano (prorettore Terni e direttore centri sui diritti dei consumatori e psicologia delle relazione interculturali): 94.872,48 euro.
Alla voce delegati del rettore ci sono: Alessandro Campi (non pervenuto); Massimo Curini 80.167,37 euro; Potito D'Errico (non pervenuto); Fausto Elisei: 73.245,00 euro; Fabrizio Figorilli: 45.950,43 euro; Elda Rosa Gaino: 88.269,81 euro; Gaia Grossi (non pervenuto); Pierfrancesco Marconi: 94.657,57 euro; Maurizio Oliviero (non pervenuto); Anna Salvadori: 60.324,43 euro; Vincenzo Nicola Talesa: 68.517,80 euro. E arriviamo alla giunta d'ateneo: Luciano Binaglia (non pervenuto); Carlo Andrea Bollino (non pervenuto), Loris Nadotti: 68.517,80 euro; Mario Tosti: 53.844,31 euro. A seguire il senato accademico, composto dai presidi, dirigenti, tecnici e figure varie: Federico Alimenti: 35.081,11 euro; Angela Baldanza: 51.840,92 euro; Luca Bartocci (non pervenuto); Gianni Bidini, preside Ingegneria: 91.133,93 euro; Giorgio Bonamente, preside Lettere (non pervenuto); Mauro Bove, preside Giurisprudenza: 77.398,65 euro; Odoardo Bussini: 77.380,22 euro; Ermanno Cardelli: 78.688,10 euro; Danilo Chiocchini: 34.020,00 euro; Pierluigi Daddi, preside Economia: 83.415,39 euro; Giovanni De Meo (non pervenuto); Paolo Dini: 28.677,66 euro; Fausto Elisei, preside Matematica: 73.245,00 euro; Luigi Fabiani: 62.539,20 euro; Maria Cristina Fioretti: 78.688,19; Fabio Franciolini: 76.825,09 euro; Candida Gori (non pervenuto); Angela Maria Lacaita: 147.523,08 euro; Giancarlo Marchetti: 44.415,50 euro; Giorgio Eduardo Montanari, preside Scienze politiche: 83.415,39 euro; Franco Moriconi, preside Veterinaria: 94.327,79 euro; Assunta Morresi (non pervenuta); Isabella Nardi: 71.781,33 euro; Francesco Pennacchi, preside Agraria: 96.651,44 euro; Adolfo Puxeddu, preside Medicina: 105.772,53 euro; Carlo Rossi, preside Farmacia: 105.772,73 euro; Roberto Segatori, presidente dipartimento istituzioni e società: 78.688,19 euro; Massimo Trabalza Marinucci: 50.976,07 euro; Romano Ugolini, preside Scienze formazione: 109.072,87 euro; Pier Francesco Zanazzi (non pervenuto). C'è poi il consiglio di amministrazione: Elvio Bacocchia: 26.508,29 euro; Bruno Brunone: 78.304,27 euro; Francesco Ceccagnoli: 46.859,50 euro; Sergio De Vincenzi: 45.683,37; Pier Giorgio Fabietti: 47.726,08; Daniele Fioretto: 52.666,56 euro; Carlo Fiorio (non pervenuto); Massimo Lotito: 74.408,69; Letizia Pietrolata: 25.820,43; Carlo Riccardi: 96.136,75; Rosario Salvato (non pervenuto); Michelina Vermicelli: 57.811,73. Ci sono a seguire gli altri gangli di potere. Ecco i direttori e presidenti dei centri: Francesco Asdrubali (ricerca inquinamento da agenti fisici): 48.294,17; Paolo Bellini (servizi bibliotecari): 82.488,12; Matteo Bencivenga (centro appenninico): non pervenuto; Primo Brandi (centro Cesari): non pervenuto; Maria Campolunghi (accademia romanistica): non pervenuto; Franco Cotana (biomasse): 72.671,45; Pierpaolo De Feo (attività motoria): 56.849,55; Giorgia Della Rocca (dolore animale):50.976,07; Giancarlo Di Renzo (medicina perinatale): non pervenuto; Paolo Fantozzi (ricerca birra): 102.376,11; Maria Caterina Federici (sicurezza umana): 78.688,19; Elda Rosa Gaino (microscopia): 88.269,81; Piergiorgio Manciola (ambiente): 75.925,91; Enrico Menestò (spiritualità medievale): non pervenuto; Paolo Mosci (stabulario): 42.339,30; Bruno Romano (musei scientifici): 94.657,57; Fausto Santeusanio (tiroide): 94.657,57; Gianfranco Savelli (nanostrutture): non pervenuto; Antonio Scamellotti (tecnologie ricerca storico-artistica): non pervenuto; Maurizio Silvestrelli (studio cavallo sportivo): 85.075,95; Claudio Vinti (centro linguistico): non pervenuto. Arriviamo ai "pretoriani", i potenti direttori dei dipartimenti: Giancarlo Agnelli (medicina interna): non pervenuto; Raffaele Balli (ingegneria industriale): non pervenuto; Saverio Cacopardi (ingegneria elettronica): non pervenuto; Rosanna Camerlingo (lingue antiche): 78.688,19; Carlo Carini (scienze storiche): 94.657,57; Luisa Cassetti (diritto pubblico): 54.455,77; Gianfranco Cavazzoni (discipline giuridiche): 91.463,70; Francesco Rosario Donato (medicina sperimentale): 99.122,84; Valter Dragoni (scienze della terra): non pervenuto; Mario Falcinelli (biologia applicata): 94.657,00; Fabio Franciolini (biologia cellulare): 76.825,09; Gabriele Fruganti (veterinaria): 99.182,24; Antonio Laganà (chimica): 88.269,81; Francesco Federico Mancini (scienze umane): non pervenuto; Giovanni Marini (studi giuridici Giuliani): 75.925,91; Annibale Luigi Materazzi (ingegneria civile): 72.671,45; Luca Mechelli (scienze biopatologiche e igiene produzioni animali): 71.772,27; Giuseppe Noya (scienze chirurgiche): 80.018,97; Mauro Pagliacci (economia): 88.269,81; Caterina Petrillo (fisica): 55.991,00; Massimo Porena (specialità medico chirurgiche): 128.216,12; Roberto Quartesan (medicina clinica): 61.957,74; Lorenzo Testaferri (chimica del farmaco): 94.657,57; Agostino Tombesi (scienze agrarie): 122.223,91; Fosco Valorosi (scienze estimative alimenti): 76.825,00; Carlo Vinti (filosofia): 78.688,00; Gianluca Vinti (matematica): 75.925,91


Alessandro Antonini
Corriere dell'Umbria Domenica 7 Febbraio 2010
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domenica 31 gennaio 2010

Bimbo muore. Ma la malasanità faccia unire l'Italia

Non c'è posto per un neonato all'ospedale di Catania

Bimbo muore. Ma la malasanità faccia unire l'Italia

E mentre il tempo per battibeccare, opporsi, dividersi, discutere, polemizzare, prendere le distanze non manca mai, quello per salvare il piccolo Francesco ormai non c’è più. Il bimbo era nato appena tre giorni fa all’ospedale Cannizzaro di Catania, con parto cesareo, al termine del settimo mese di gravidanza. Subito, però, già durante il travaglio, aveva manifestato problemi respiratori. Il neonato non stava bene e aveva bisogno di cure urgenti, ma lì a Catania per lui non c’era posto, tutto pieno il reparto di terapia intensiva del Cannizzaro. E allora, via, di corsa alla struttura medica più vicina per tentare di fare qualcosa per questa piccola vita che pulsava sempre più flebile. L’elicottero del 118 atterrava all’ospedale Civico di Palermo, ma ancora non andava bene. Anche qui, pare, un altro intoppo: le strutture non erano adeguate e il bimbo è dovuto essere trasferito al Cervello, il centro più vicino ad avere apparecchiature adatte alla patologia. Ci hanno provato in tutti i modi i medici, ma dopo un giorno di disperati tentativi senza sosta, il piccolo non ce l’ha fatta. Francesco è morto ieri, senza avere avuto praticamente neppure il tempo di assaggiarla la sua vita.
«Mio figlio poteva essere salvato e anche il parto cesareo poteva essere eseguito prima. Mia moglie ha avuto un malore la mattina ed è entrata in sala operatoria solo nel pomeriggio», ha detto agli investigatori Angelo Marletta, che di Francesco era il papà. Dolore e rabbia non possono che essere soffocanti. Ma il problema, purtroppo non così isolato, è che la responsabilità rischia di non essere solo di un destino crudele e anonimo, ma di faccende umane, troppo umane. E che questo lutto finisca per rivelarsi come l’ennesimo caso di malasanità italiana. Sì, il sospetto c’è tutto, la denuncia è stata presentata dai coniugi Marletta, la procura di Palermo sta indagando, gli investigatori accertano la sussistenza del ritardo nei soccorsi per la mancanza di posti letto a Catania, il magistrato ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e fissato per martedì l’autopsia sul corpicino.
Ancora un episodio – è il timore martellante – che va ad aggiungersi all’ormai lungo elenco di falle nel sistema sanitario nazionale. Solo a strettissimo giro: i due neonati in culle adiacenti morti a Foggia per setticemia, l’anziano precipitato dall’ambulanza a Bari, il 29enne colpito da infarto a Pisa appena gli era stato diagnosticato tutt’altro, la donna trentina che non si è curata da un cancro per un ritardo dei referti. E intanto, immancabilmente, la percezione del cittadino è di sempre maggiore sfiducia verso la sanità pubblica e gli ultimi dati Eurispes registrano l’insoddisfazione profonda del 57,7% degli italiani, che in gran numero ammettono di non ricorrerebbero al privato solo per un discorso economico.
L’allarme riguarda tutta la penisola e il Sud con una incidenza ancora più drammatica: lo raccontano i fatti, lo confermano i dati, lo provano i tribunali. Ma, soprattutto, lo subiscono le persone. E allora, senza cavalcare strumentalmente l’onda emotiva di un neonato che muore, astenendosi dalle condanne verso chi ancora non è stato condannato e attendendo la doverosa chiarezza e (in caso di responsabilità) severità, però, di fronte a un episodio che non può lasciare indifferenti, una riflessione viene spontanea. E cioè che l’Italia dovrebbe una buona volta ritrovare la saggia lucidità di stringersi unita, almeno di fronte a certi problemi gravi che la riguardano intera. Superando dibattiti sterili e chiacchiericcio da salotto, accantonando speculazioni su faccende che sono certamente – e molto – problemi di serie b, per ritrovare finalmente un’unione che dà la forza ed è, in primis, a vantaggio del cittadino. Istituzioni, partiti, correnti, uomini: la sfida è di tutti e la politica è anche, e soprattutto, questo.

30 gennaio 2010

domenica 24 gennaio 2010

Miriam Attardi : Vendo il mio rene per aiutare i miei figli

Vendo un rene per aiutare i miei figli.
Appello disperato di una ragazza madre


Gela “Sono disposta a vendere un rene pur di poter sfamare i miei figli”. Miriam Attardi è una ragazza madre esasperata. Trentotto anni, un impiego nei cantieri di servizio interrotto a dicembre, due figli da mantenere e un affitto da pagare. E’ stanca di bussare alle porte di politici, imprese e commercianti per elemosinare un lavoro. “Quanto posso ricavare vendendo un rene?” chiede continuamente. “Non so cosa altro fare per evitare di finire a elemosinare per strada”. Accanto a lei ci sono Aurora, 9 anni, due occhi azzurri come il mare e sguardo dolce, e Michele, 6 anni, che non sta un attimo mai fermo e gioca con il telefonino della madre. “Da dieci anni vado avanti in questo modo – dice – lavorando saltuariamente in nero e sottopagata. Ho provato in negozi, compagnie assicurative, sempre mal pagata. Vivo in affitto e non ricevo neanche il contributo per il canone locativo. Ora però ho esaurito tutte le mie energie e non so più cosa fare ed a chi rivolgermi”.
Da due anni lavora nei progetti del reddito minimo di inserimento. Mostra il cedolino dell’indennità di disoccupazione. “Quando ci fanno lavorare la paga è di 624 euro compresi gli assegni familiari – aggiunge – come faccio a mantenere i miei figli con questi soldi? Non posso comprarle neanche i libri, quaderni e il materiale per la scuola. La figlia maggiore frequenta la Luigi Capuana. In passato sono stati molto gentili e sensibili, sia le maestre che il dirigente scolastico. Quest’anno dicono che il Comune non gli ha dato soldi e non possono aiutarmi. E io non posso costringere mia figlia a elemosinare anche per comprare i libri”.
La Attardi fa parte dell’esercito dei 120 lavoratori del Reddito minimo di inserimento. Il loro contratto è scaduto il 31 dicembre e negli ultimi due giorni ci sono stati momenti di tensione in municipio per il grave ritardo con cui stanno per riprendere i cantieri di lavoro. “Mi sono rivolta anche ai Servizi sociali, ma non ho ricevuto alcuna assistenza – continua Miriam Attardi – Sono ragazza madre. Ho vinto una causa in tribunale contro il padre di Aurora, condannato a pagare gli alimenti per la bambina, ma non ho ricevuto un solo euro malgrado la sentenza favorevole. Non ho nulla, ma non posso perdere anche la dignità. L’auto è stata sequestrata perché non avevo pagato l’assicurazione. Se trovate qualcuno che ha bisogno di un rene sono disposto a venderlo, pur di racimolare soldi per sfamare la famiglia”.
Il caso di Miriam non è purtroppo isolato. Sono decine le situazioni di grave difficoltà economica di interi nuclei familiari. Non avere il lavoro o perderlo diventa un dramma. L’episodio che ha visto protagonista Rosario Migliore, che ha tentato il suicidio due volte perché licenziato, con moglie e figli a carico, è soltanto la punta di un iceberg di un fenomeno sociale preoccupante.
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Dalla notizia il mondo di FB si sta attivando mobilitato da una grande Donna Susanna Ciucci , che saputa la notizia e comprendendo a pieno la disperazione di Miriam ha messo in vendita il suo rene e come lei tutti lo stanno facendo a sostegno di Miriam.

venerdì 22 gennaio 2010

Bimbo muore attaccato a respiratore: batteria scarica

Malasanità/ Bimbo muore attaccato a respiratore: batteria scarica

La vicenda avvenuta a Mantova


Il respiratore al quale era attaccato il bambino di 12 anni di Castellucchio, di origini albanesi, morto domenica scorsa a Mantova, non era attaccato alla spina. Quindi ha esaurito la batteria che lo fa funzionare per un determinato lasso di tempo. Non ci sarebbe stato nessun malfunzionamento del respiratore al quale era attaccato il bambino. Lo ha precisato l'azienda che forniva i ventilatori alla famiglia, la Sapio Life, secondo la quale il bambino nelle ultime ore di vita sarebbe rimasto attaccato ad un macchinario che stava per esaurire la batteria, senza che nessuno lo sostituisse. Il bambino, Arber, 12 anni, due anni fa era stato colpito da un'infezione cerebrale che lo aveva completamente paralizzato. Poteva vivere solo attaccato ad un respiratore artificiale. Domenica all'alba i familiari lo hanno trovato agonizzante e nonostante l'intervento dei medici è morto.
10 Gennaio 2010

giovedì 21 gennaio 2010

Dimessa dall'ospedale di Viterbo, muore nel parcheggio


Dimessa dall'ospedale di Viterbo, muore nel parcheggio


Tragedia a Belcolle.La madre aveva dato alla luce una bambina cinque giorni fa




E' morta appena dimessa dall'ospedale dove che aveva partorito con un cesareo una bella bambina da quattro giorni. Succede in provincia di Viterbo.

Stava salendo sull'auto del marito per tornare a casa ma si è accasciata a terra, nel parcheggio di Belcolle. Per Sara Pelosi, 38 anni di Ischia di Castro, già madre di un maschietto, non c'è stato niente da fare. Trasportata immediatamente al pronto soccorso dal marito a nulla è valso il tentativo di rianimarla. Il suo cuore ha smesso di battere. La tragedia, sulla quale è stata aperta un'inchiesta da parte della magistratura per verificare se ci sia qualche responsabilità, è avvenuta ieri mattina. Dall'autopsia, che potrebbe essere eseguita questo pomeriggio, giungerà la risposta al perché di questa tragica morte.

Partorisce bimbo morto, era stata dimessa dall'ospedale San Carlo

Partorisce bimbo morto, era stata
dimessa dall'ospedale San Carlo

Il marito denuncia la clinica per omicidio colposo. La Procura di Milano ha aperto un'inchiesta

MILANO - Un egiziano di 34 anni ha denunciato l'ospedale San Carlo di Milano per omicidio colposo dopo che sua moglie ha partorito domenica scorsa un bimbo già morto. A confermarlo è lo stesso ospedale, che ha già avviato un'indagine interna ma che sottolinea di non essere ancora stato contattato dall'autorità giudiziaria. Secondo una prima ricostruzione del San Carlo la donna, un'egiziana di 36 anni, si era presentata venerdì 8 gennaio al pronto soccorso dell'ospedale con dolori addominali e perdite, che i medici hanno definito «problemi legati alla gravidanza, anche se non era stato rilevato nulla di particolare». Due giorni dopo si sono rotte le acque e la donna è tornata presso l'ospedale per far nascere il bambino. È stato indotto il parto, ma il bimbo è nato morto. «Attualmente - conclude il San Carlo - la donna si trova ancora ricoverata presso la nostra struttura e lo sarà fino a domani, ed è già seguita con un supporto psicologico».

IL PRIMARIO: ERA TUTTO A POSTO - «Non si è trattato di un caso di malasanità - spiega Mauro Buscaglia, primario di ostetricia e ginecologia del San Carlo - ma di un caso sanitario con evoluzione negativa. Purtroppo non tutto può andare nel migliore dei modi». Il medico ha riportato che la donna aveva già avuto due figli, e si trovava alla sua terza gravidanza. La gestazione - aggiunge - «si stava svolgendo in modo assolutamente normale si era presentata nel nostro pronto soccorso la prima volta per la presenza di contrazioni uterine e il medico di guardia aveva stabilito che non si trattava di un travaglio attivo», non era cioè ancora il momento di partorire. «Sono stati fatti tutti gli accertamenti, è stata controllata anche la flussimetria del cordone ombelicale», un esame cioè che controlla se il sangue, i nutrimenti e l'ossigeno arrivano correttamente al feto. Inoltre, prosegue Buscaglia, il liquido amniotico era nella norma, e il bimbo si presentava nella posizione corretta. Per questo «era stata rimandata a casa, con l'indicazione di ripresentarsi quando le contrazioni si fossero fatte più forti».

IL CORDONE «STROZZATO» - Due giorni dopo la donna è tornata in ospedale perché diceva di non sentire più muoversi il feto; le è stato allora indotto il parto, ed è stata seguita la procedura per un parto vaginale (e non un taglio cesareo, come era emerso in un primo momento). «La placenta era assolutamente normale - spiega Buscaglia - ma da un suo punto partiva una specie di filo di membrana amniotica, che ha strozzato il cordone. Sicuramente è stata questa la causa del decesso. È un'evenienza tragicamente rara, ma purtroppo può succedere. È comunque un'evenienza che sicuramente non è legata a un errore medico». Questo «filo» che strozzava il cordone, conclude il primario, non è assolutamente distinguibile con l'ecografia, e quindi anche con gli esami del pronto soccorso era impossibile accorgersi del problema.

INCHIESTA - Sulla vicenda, la procura di Milano ha aperto un'inchiesta. Il fascicolo d'indagine, al momento a carico di ignoti, è stato aperto dal pm Giovanna Cavalleri, che sta valutando anche la qualificazione giuridica del reato da contestare.


12 gennaio 2010

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«Manuel, in 12 giorni non sono riusciti a salvarlo»

«Manuel, in 12 giorni
non sono riusciti a salvarlo»

I genitori denunciano i medici del Villa San Pietro. «Si aggravava e non c'era nessuno»

Una foto di Manuel con la mamma
Una foto di Manuel con la mamma
ROMA - Tutte le mattine, al momento dell’appello, i suoi compagni di classe si alzano in piedi e, quando arriva il suo nome, rispondono: «Presente!». Ma Manuel Tartavini non c’è più. É morto il primo novembre scorso all’ospedale Villa San Pietro e non aveva ancora 11 anni. La sua morte ha spezzato anche le vite dei suoi genitori, Maurizio e Raffaella. «Ci hanno tagliato le radici», dice la mamma che adesso ogni giorno va al cimitero di Prima Porta e si ferma almeno tre ore «per stare vicino a lui, per stare ancora un po’ insieme noi due». «Ci hanno tolto la voglia di alzarci ogni mattina», aggiunge rabbioso il papà Maurizio, che da quel giorno non ha più trovato la forza di entrare nella stanza del figlio e si ferma sulla soglia a indicare i giochi e i vestiti.

IL CORAGGIO DI RACCONTARE - «Era un torello - sospira nonna Gianna - eppure l’hanno fatto morire». La famiglia, sconvolta, dopo due mesi passati a elaborare il lutto ha deciso ora di uscire allo scoperto. Mamma Raffaella ieri ha inviato una lettera al "Corriere" per raccontare quei 12 giorni fatali, dal ricovero al decesso. La donna pretende giustizia. Pretende soprattutto la verità. Il 4 novembre scorso, il giorno dei funerali, papà Maurizio assistito dall’avvocato Davide Verri presentò subito un esposto-denuncia al commissariato di piazzale Clodio: «Quando raccontai quello che era successo in ospedale a mio figlio, si misero a piangere perfino i poliziotti», ricorda. Il pm Paolo D’Ovidio della Procura di Roma ha aperto un’inchiesta. Il fascicolo, al momento, è «contro ignoti» e ipotizza il reato di omicidio colposo. Ma tra pochi giorni verrà depositata la perizia dei suoi consulenti e allora, forse, si potrà sapere davvero perchè è morto Manuel.

I genitori disperati
I genitori disperati
IL PONTE DEL PRIMO NOVEMBRE - «Ce l’hanno ucciso, ce l’hanno ammazzato», grida e piange il papà. «É morto di domenica e nel reparto non c’era nessuno, neanche un pediatra, solo due internisti e un’infermiera che sono entrati nel panico e non l’hanno saputo salvare - accusano i genitori - É morto perchè c’era di mezzo il ponte del primo novembre...». La rabbia è tanta e anche i medici del Villa San Pietro ne sono consapevoli. Una pediatra che accetta di parlare con la garanzia dell’anonimato dice, però, che «la morte purtroppo fu improvvisa», ma quando Manuel ebbe l’ultima crisi «accanto a lui c’erano due anestesisti e due pediatri e lo stesso primario Finocchi arrivò in ospedale di corsa...». Insomma, non è vero secondo lei che il reparto fosse sguarnito a causa del weekend. La conclusione della dottoressa è triste e brutale allo stesso tempo: «Purtroppo abbiamo fatto di tutto per curarlo e non ci siamo riusciti. E non sappiamo ancora di che è morto. Ma vi assicuro che quel bambino venne trattato con i guanti bianchi dall’inizio alla fine».

MAI AVUTO UNA MALATTIA - Ma i genitori di Manuel, il loro unico figlio, vogliono vederci chiaro: «Era entrato con un principio di pleurite e di polmonite, non è possibile che sia morto. Era un ragazzino sanissimo, guardate le sue foto, non aveva mai avuto una malattia, mai visto un ago. Perciò, com’è stato possibile? Se almeno fosse stata l’H1N1 ci saremmo rassegnati. Avremmo pensato a un disegno divino, all’imponderabile. Ma poi le analisi hanno escluso che si trattasse di influenza A. E allora?». Le ultime parole cadono nel vuoto. Anche la maestra di Manuel, Daniela Gizzi, della scuola «Largo Castelserio» di Labaro non sa darsi una spiegazione. E così pure Claudio, l’allenatore della squadra di calcio «Saxa Flaminia» in cui militava il bimbo morto, da quel giorno è rimasto senza parole. Ora, a consolare nonna Gianna, ci provano senza successo le cugine di Manuel, Angelica e Francesca, mentre il cagnolino Lulù fa le feste a chiunque entri in casa, microbo ignaro dell’immenso dolore che lo circonda.

Fabrizio Caccia
19 gennaio 2010

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giovedì 14 gennaio 2010

Pisa, "E' cistite"Invece erano contrazioni Partorisce nel bagno dell'ospedale

Accade a Pisa. la bambina di 500 grammi ora lotta per vivere. E sull'ospedale Sanat Chiara torna l'ombra della malasanità


Pisa, 12 novembre 2010 -

Jasmine Pesa meno di 500 grammi. Da venerdì scorso, quando è venuta al mondo, si trova ovviamente in un’incubatrice della clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara, dove lotta per sopravvivere. È nata prematura poco dopo la ventiduesima settimana.
La piccola è protagonista di un nuovo e clamoroso caso di presunta malasanità, che vede ancora una volta nel mirino l’ospedale pisano. In una denuncia presentata al posto di polizia del Santa Chiara, subito dopo il parto, i genitori accusano il personale della struttura sanitaria di aver scambiato lo contrazioni uterine della puerpera per una cistite. E come se non bastasse il fatto — incredibile —- che la bimba è nata praticamente nella ‘padella’ dove la donna stava espletando una necessità fisiologica.
Tutto questo accade a pochissimi giorni di distanza dalla vicenda del ventinovenne cascinese morto (molto probabilmente d’infarto) nella sua abitazione, dopo poche ore dopo essere stato dimesso dal Pronto Soccorso del Santa Chiara — dove si era recato in mattinata per aver accusato un forte dolore tra il petto e la spalla sinistra — con una prognosi inerente un problema intercostale e la prescrizione di un trattamento antidolorifico.
La mattina di giovedì scorso Emanuela Beretta, incinta da luglio, si sente male: accusa acuti e ripetuti dolori al basso ventre e all’inguine, con perdite di sangue. La donna — che nel primo pomeriggio di ieri è stata dimessa dall’ospedale — ha 28 anni, originaria di Caltanissetta, casalinga abitante a Cascina (Pisa), ha già alle spalle due distinte gravidanze che si erano interrotte dopo poche settimane con altrettanti aborti spontanei. Nel primo pomeriggio il suo convivente, il quarantaseienne Vittorio Mini, un muratore attualmente disoccupato, l’accompagna in ospedale. Dal pronto soccorso la puerpera viene subito indirizzata al reparto di Ostetricia e Ginecologia.
Dopo circa tre quarti d’ora di attesa, raccontati alla dottoressa i disturbi accusati, la donna è stata visitata e il medico ha redatto una certificazione consigliando alla signora Emanuela di tornare a casae riposarsi. «Ci è stato detto — racconta Vittorio Mini — che potevamo stare tranquilli in quanto, verosimilmente, si trattava di una semplice cistite». La poveretta ha continuato ad accusare dolori, ma ha cercato di resistere perché all’indomani mattina aveva già da tempo in programma una visita di controllo — essendo la sua una gravidanza a rischio — dal ginecologo di fiducia che la segue, il dottor Francesco Anelli nell’ambulatorio della Misericordia di Navacchio.
Appreso l’accaduto e la particolarità dei dolori accusati dalla donna, lo specialista, prima ancora di visitarla, ha subito chiamato un’ambulanza, dicendo che si trattava di contrazioni uterine. Trasportata al pronto soccorso dell’Ostetricia, la puerpera è stata sistemata nella stessa stanza dove era stata visitata il giorno precedente. Pochi minuti dopo il suo arrivo, la donna ha avuto la necessità di andare in bagno, per cui le è stata portata una ‘padella’. Aperta la porta del gabinetto, e fatto un passo, da sola, Emanuela ha partorito Jasmine. La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta sequestrando la placenta e tutta la documentazione medica.
Federico Cortesi
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