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lunedì 11 gennaio 2010

Madre e figlia muoiono in sala parto

LIVORNO

Madre e figlia muoiono in sala parto
Il primario: uccise da una sindrome rara

La donna, 33 anni, era alla sua seconda gravidanza. Il marito: «Risparmiatele l’autopsia». La Asl ha aperto un’inchiesta interna che si affiancherà agli accertamenti della magistratura

LIVORNO - Una visita dal ginecologo nella mattinata di venerdì a Piombino. Troppe contrazioni, c’è una minaccia di parto prematuro. Il medico decide il ricovero della donna all’ospedale di Livorno. Sembra un caso di facile soluzione, uno dei tanti. E invece il dramma si consuma poche ore dopo: Erika Organni, 33 anni, all’ottavo mese di gravidanza, madre di una bambina di cinque anni, muore per un’emorragia inarrestabile. Il cuore cessa di battere alle 9,50 di ieri mattina. Non ce la fa neppure il feto. Nasce morto dopo un taglio cesareo che non serve a niente: sarebbe stata una bambina. Si consuma così un nuovo dramma negli ospedali toscani anche se stavolta, forse, non si parlerà di un caso di malasanità ma di una serie di terribili concause e di una sindrome, la Cid (Coagulazione intravascolare disseminata) tanto rara quanto spietata. «La Cid colpisce improvvisamente i vasi sanguinei provocando contemporaneamente trombosi ed emorragie — spiega il dottor Francesco Genovesi, responsabile del dipartimento Emergenza e Urgenza dell’ospedale di Livorno — In quasi 40 anni di professione per fortuna mi ricordo solo di tre casi tutti, purtroppo, mortali».

LA TRAGEDIA - Il marito della vittima, Marco Gasperini, piombinese, direttore dell’Ente Parchi Val di Cornia, ha seguito con i parenti la tragedia in diretta. «Con una forza e una dignità straordinari», raccontano i medici. Chiedendo solo una cosa: che alla congiunta fosse risparmiata l’autopsia. Deciderà il magistrato dopo aver controllato le cartelle cliniche ed eseguiti gli accertamenti di rito. Il dramma si è consumato tra venerdì e ieri mattina. Erika ha qualche contrazione di troppo, va dal ginecologo di fiducia a Piombino. Il medico trova un quadro clinico non drammatico ma con qualche segnale preoccupante. Erika è ancora giovane ma ha già avuto due aborti spontanei e ora è appena entrata all’ottavo mese di una gravidanza, apparentemente senza problemi anche se negli ultimi giorni ci sono contrazioni continue e un probabile minaccia di parto prematuro. «È meglio che si ricoveri a Livorno, meglio non rischiare», le consiglia il dottore. Lei, un lavoro da responsabile amministrativa della Cooperativa Cuore a Piombino, accetta e si fa accompagnare dal marito all’ospedale dove viene ricoverata nel reparto di ginecologia intorno alle 17. Ma quando tutto sembra procedere senza problemi arriva, improvvisa, la crisi. La donna ha una prima emorragia alle 18.50 e il tracciato dà un verdetto infausto: il battito cardiaco del feto è inesistente. Il reparto si mobilita, si decide di operare la donna con un cesareo, nel tentativo di salvare il bambino. C’è una strana atmosfera nel reparto e nella sala dove aspettano i familiari.

GIOIA, DOLORE E ATTESA - Gioia, dolore e attesa si uniscono. Ci sono i nonni che festeggiano la nascita di un nuovo nipotino, le neo mamme che salutano dalle finestre e i parenti di Erika che sperano in un miracolo. «Anche perché la diagnosi è terribile — spiega Genovesi — i colleghi si trovano di fronte a un caso di distacco intempestivo di placenta associato alla Cid, una sindrome che dà poca speranza». Viene chiamato il chirurgo, il taglio cesareo tecnicamente è perfetto, ma il feto, una bambina, nasce già morto e a niente servono i tentativi di rianimazione. La tragedia, per la mamma, pochi minuti dopo. «Quando i medici iniziano a ricucire — continua Genovesi — arriva un’emorragia inarrestabile. Si fa di tutto per bloccarla: si toglie l’utero e si eseguono continue trasfusioni (saranno impiegate 14 sacche di sangue)». Nel reparto di terapia intensiva la donna resta per tutta la notte e parte della mattina. A un certo punto c’è anche un segnale positivo, si spera. Tutto inutile. Erika Organni muore alle 9.50 di ieri mattina senza mai aver ripreso conoscenza. È il primario del reparto a dare la notizia al marito Marco. «Per favore, risparmiatele l’autopsia», chiede l’uomo. C’è chi, tra medici e infermieri, si commuove. La Asl, che ha aperto un’inchiesta interna che si affiancherà agli accertamenti della magistratura, ha disposto un riscontro diagnostico sul feto e sulla placenta che sarà compiuto all’Università di Pisa: «Entro due settimane l’accertamento chiarirà ulteriormente le cause del decesso», si legge in una nota del servizio sanitario.

Marco Gasperetti
10 gennaio 2010

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