
giovedì, 15 ottobre 2009, 0:53
Continuano gli interrogatori davanti al gip di Bologna Mirko Margiocco dei 12 medici per i quali la procura ha chiesto l’applicazione della misura cautelare dell’interdizione dell’esercizio della professione (limitatamente al rapporto di convenzione con il servizio sanitario nazionale) nell’inchiesta del pm Enrico Cieri e del Nas ribattezzata “Farmamarket”, che ipotizza associazione per delinquere, truffa ai danni del sistema sanitario e falso.Secondo gli inquirenti, un’organizzazione (gestita secondo l’accusa da Daniele Naldi, l’informatore farmaceutico di ‘Italfarmaco’ che è agli arresti domiciliari), avrebbe intascato indebitamente rimborsi per quasi un milione e 200 mila euro dal servizio sanitario nazionale grazie a ricette fittizie di costose specialità antitumorali prescritte dai medici a pazienti ignari, o addirittura morti.Fra i medici sentiti questa mattina c’é Domenico Romano, ex collaboratore dell’Ant fino a luglio (poi il contratto è stato rescisso) e difeso dall’avvocato Alessandro Armaroli. Gli è stato mostrato un campione di dieci ricette da lui firmate che ha riconosciuto come proprie e riferite a propri pazienti. Su sette, però, era stato corretto a mano il numero di confezioni prescritte (ma non l’espressione equivalente in lettere) in genere aumentandole, e non era stata aggiunta la firma del medico, come invece Romano ha detto di fare in caso di correzioni. Le ricette – ha aggiunto – venivano poi consegnate da Romano a Naldi che gli procurava personalmente i medicinali, successivamente consegnati dal primo ai suoi pazienti. Un passaggio, quest’ultimo, che – ha ammesso Romano – non è regolare ma che era diventato una consuetudine per comodità, visto che in genere i farmaci prescritti erano destinati a malati terminali o assistiti in casa. Ha escluso ogni responsabilità anche il gastroenterologo Giulio Di Febo in servizio al policlinico Sant’Orsola. Come ha riferito a fine interrogatorio il suo legale, l’avvocato Guido Magnisi, il professore ha spiegato che nel reparto c’era un’agenda contenente varie ricette da lui già firmate e con il timbro necessario, ma che prescrivevano esami e non farmaci. In ogni caso tra i medicinali citati nell’inchiesta non ci sono, a suo avviso, prodotti usati in gastroenterologia. Da qui, ha aggiunto Magnisi, la richiesta di archiviazione che il legale presenterà al pm. Ha negato ogni addebito anche Pier Paolo Piccaluga, ricercatore di ematologia al Sant’Orsola, difeso dall’avvocato Aldo Meyer. L’indagato non avrebbe mai chiesto a nessuno di fare ricette false né avrebbe ricevuto regali in cambio di favori. In particolare, il suo difensore ha sottolineato che l’orologio, che secondo Naldi è un regalo-compenso da lui fatto a Piccaluga, è “una ricezione assolutamente lecita”, ceduto prima di Natale a un conoscente del ricercatore (contattato dalla procura, quest’ultimo ha confermato e consegnato l’orologio) e che non è un Rolex. Il bene è privo del certificato di garanzia ma, esaminato da un esperto per conto della procura, è risultato effettivamente un Rolex, modello Submariner, del valore di circa 4.150 euro.(ANSA).
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